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La marcita, o della meraviglia del paesaggio agrario del Basso Milanese

 

Non sono  molto lontani gli anni delle marcite. Nulla in confronto all’amplissimo arco temporale nel quale questa pratica colturale ha rappresentato il fiore all’occhiello dell’agricoltura lombarda, caratterizzando un maniera unica e straordinaria il paesaggio del piano irriguo;  già tanti per chi ne ha seguito la progressiva scomparsa, repentina a partire dagli anni Settanta del Novecento. Anni di profonde mutazioni sociali ed economiche. Assieme a queste, sono andate mutando la struttura del territorio, le forme del paesaggio. Irrimediabilmente. In peggio, lo sottolineo.

 

Sino a pochi decenni fa, attraversando il Basso Milanese durante la stagione invernale, era frequente scorgere ampie distese verdissime in netto contrasto con la campagna a riposo, silenziosa, coperta di brina e di neve. Davvero sorprendente nella sua singolarità e bellezza l’incontro con prati fumiganti di vapori e ricchi di erbe smaglianti, prepotentemente vivi ed emergenti dalla campagna tutt’attorno in preda al gelo ed avvolta nella nebbia, in un tripudio di umori di gore e limpide acque.

Quei prati fumiganti di vapori e odorosi di erbe grasse sono le marcite, tradizionale immagine del paesaggio agrario del Basso Milanese storicamente associata alla grande cascina.

La coltura della marcita ha rappresentato sin dalla sua introduzione nelle campagne del milanese, un aspetto di alto valore culturale ed economico, un «civilissimo fiore all’occhiello di un’agricoltura d’avanguardia» (1), testimonianza di sapienza e amore per la terra che ha saputo sfruttare le particolari condizioni ambientali e climatiche, così da trasformare in terra ubertosa e grassa le plaghe incolte e paludose. 

Dopo secoli di prosperità quale principale coltura nell'organizzazione agraria della grande azienda agricola capitalistica lombarda – un modello di produzione per il mercato su scala industriale: marcite/ casere di Corso San Gottardo/ esportazione oltralpe – e dopo aver dato identità unica e specifica al paesaggio del piano irriguo con una eccezionale valenza ambientale, la marcita, “regina dei prati”, è oggi quasi sparita, come la Milano che, di questa pratica, nella letteratura si fece vanto. Da decenni in progressiva rarefazione, i prati di marcita sono ormai pressoché del tutto scomparsi dall'orizzonte agrario e paesaggistico italiano.

Nella seconda metà del Novecento, profonde mutazioni strutturali e sociali del territorio, con conseguenti riflessi sull'organizzazione agricolo-zootecnica, hanno decretato l’abbandono ed il superamento di questa antichissima pratica e determinato una grande perdita nel patrimonio culturale dell’agricoltura della pianura irrigua.

Per questo, tutto il mio stupore e la passione di studio per la marcita, monumento del paesaggio che riassume, nell'immenso deposito di fatiche, la millenaria storia di lavoro e fervore umano nella campagna.

   

 

(1) Giuseppe Soresi, La marcita lombarda, Casa Editrice Fratelli Ottavi, Casale 1914, p. VIII

Noviglio (MI), località Mairano. Marcita irrigata durante la stagione invernale. L'immagine risale a Gennaio 1987, la marcita è stata rotta pochi anni dopo. DIA_01689_1987